Sto leggendo la biografia di Andre Agassi, il tennista. Inizia con una citazione dalle Lettere a Theo, di Van Gogh: “Non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. (…) Sai tu ciò che fa sparire questa prigione? E’ un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente.”
E’ proprio così. Quando amiamo, riusciamo ad andare oltre il nostro egoriferimento, oltre il nostro piccolo orticello per incontrarne un altro, altri…
Non parlo dell’amore romantico: quello ci porta anche troppo fuori di noi, o forse solo più profondamente dentro di noi, accecati da noi stessi mentre crediamo di vedere l’altro.
Parlo dell’amore quotidiano, quello a volte anche un po’ faticoso, che ti obbliga davvero a uscire dalle tue paturnie per vedere l’altro, per andargli incontro. Un giorno ero arrabbiata con mio marito, presa dal mio monologo interiore di ragioni incontrovertibili. Poi ho visto lui, il suo patimento silenzioso, e il mio monologo si è sciolto. E’ stato un clic: prima c’erano solo le mie ragioni, ed io ero sola con loro, poi è tornata la relazione e il dialogo, ed è stato come riprendere a respirare, a sentire il sangue circolare nel corpo.
Mi è capitato ancora, ovviamente, di ritrovarmi in situazioni simili, e ogni volta è come camminare su un crinale: non ho voglia di fare il passo verso l’altro, vorrei stare con le mie ragioni. Però lì sono in prigione, una delle tante possibili prigioni che ci costruiamo. Lì sono sola. Come sono sola quando mi aggroviglio su qualche paturnia, quando mi chiudo sulle mie posizioni, quando mi ostino a pensare che le cose possano andare come vorrei.
Ecco lì sono in prigione. Lì c’è quel genere di solitudine che viene dalla chiusura, dal sentirsi fuori dal flusso vitale. E lì c’è il crinale: da una parte il monologo, e le mura conosciute, dall’altra un salto oltre se stessi, oltre la paura. E salti se ami.
A volte è stato l’amore per mio marito, altre volte l’amore per la vita, per le persone che mi sono care… Il risultato è sempre stato lo stesso: la ritrovata libertà, l’apertura dell’orizzonte.
certo Chiara, a mio avviso chiunque abbia vissuto con una persona, condiviso con essa momenti belli e di sofferenza, fatto sacrifici insieme, ha vissuto questa situazione, i silenzi (le tue gabbie) non hanno mai portato ad una soluzione, semmai hanno rafforzato i fraintendimenti che minano molto spesso i rapporti…
meglio affrontarsi subito, un faccia a faccia risolutivo e pacificatore piuttosto che tornare a vivere chiusi nelle nostre gabbie…
un abbraccio
🙂
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Dipende dai silenzi… Quelli di chiusura, senz’altro. Ma ci sono anche silenzi di riflessione, silenzi per far calare la tensione e recuperare lo sguardo sull’altro, o sulla vita. Comunque ognuno ha le sue modalità: chi cerca il faccia faccia, chi recupera nel silenzio (Io sono più così, e anche Renato). L’importante, certo, è non stare chiusi in gabbia…
Un abbraccio a te, Antonio!
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Si dice che l’amore sprigiona una energia inesauribile e che può risolvere ogni cosa….il problema è riuscire ad abbattere le barriere che noi stessi mettiamo di fronte all’amore, magari per orgoglio, per paura o per pigrizia. Aprire le porte all’amore, al perdono e alla misericordia non è facile…ma, se si riesce a farlo qualche volta, è incredibile vedere quanto nuovo amore fluisce nella tua vita …
Ciao Chiara 🙂
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E’ proprio così! E vale sempre la pena cercare di andare contro l’orgoglio, la paura e la pigrizia…
Ciao Manuel 😉
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